lunedì 28 marzo 2016

Recensione: "Il miglio verde" di Stephen King


"Di solito il braccio della morte si chiama l'ultimo miglio. Il nostro lo chiamavamo miglio verde"


Autore: Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer
Prezzo: 11,90 €
Anno di pubblicazione: 2001

Trama:
Nel penitenziario di Cold Mountain, lungo lo stretto corridoio di celle noto come "Il Miglio Verde", i detenuti come lo psicopatico "Billy the Kid" Wharton o il demoniaco Eduard Delacroix aspettano di morire sulla sedia elettrica, sorvegliati a vista dalle guardie. Ma nessuno riesce a decifrare l'enigmatico sguardo di John Coffey, un nero gigantesco condannato a morte per aver violentato e ucciso due bambine. Chi è Coffey? Un mostro dalle sembianze umane o un essere diverso da tutti gli altri? Il capolavoro da cui è tratto il film omomino con Tom Hanks.

Recensione:
Dopo un piccolo -o meglio, gigantesco- blocco del lettore, ma un'irrefrenabile voglia di accumulare libri che, non mi ha mai abbandonata nella mia carriera di lettrice, mi sono avventurata in soffitta. Qui, la mia speranza di risvegliare la divoratrice di libri che è in me alla vista di un vecchio libro dal profumo antico, è stata soddisfatta. Dopo aver scavalcato con eroico coraggio il fiume di scatoloni che mi divideva dalla meta, ed essermi trattenuta dall'urlare a squarciagola alla vista di un ragno, ho trovato un tesoro: scaffali pieni di libri di ogni genere. E tra i gioielli, un diamante rilucente di vita propria; il romanzo da cui è stato tratto uno dei miei film preferiti: Il miglio verde. Ammetto che non è stata la mia prima lettura in seguito a quel pomeriggio, ma dopo La lettera scarlatta -capolavoro!- il signor Stephen King e la sua meravigliosa storia mi hanno chiamata a gran voce, pretendendo attenzione. 

Sin dalle prime pagine l'autore ci immerge in un contesto a noi completamente sconosciuto: Cold Mountain, un penitenziario, negli anni della grande depressione. Un'epoca in cui si fa ciò che si deve fare per arrivare alla fine del mese, anche se questo significa collaborare con colleghi crudeli ma intoccabili grazie alle loro conoscenze, oppure assistere assassini e violentatori nei loro ultimi mesi di vita, rischiando di affezionarcisi, per poi vederli morire sotto ai propri occhi. E' questa la vita di Paul Edgecombe, protagonista e narratore della storia, che nell'ultima parte della sua straordinariamente lunga vita, ci racconta eventi che per troppo tempo ha taciuto. La storia gira intorno all'arrivo al penitenziario, di un uomo mastodontico che sembrerebbe aver ucciso e violentato due bambine. Ma fin da subito il lettore si renderà conto che c'è qualcosa di molto strano in questo soggetto e che John Coffey -questo è il suo nome- nasconde un segreto.


Ho iniziato la lettura con smisurate aspettative che sono state in parte soddisfatte... e in parte no. Nel complesso non posso dire che questo romanzo non mi sia piaciuto -tutt'altro- ma la prima parte mi ha messa a dura prova: ho trovato che la prosa alternasse momenti intriganti a capitoli mortalmente noiosi; le smisurate descrizioni -che ho tanto amato in IT- qui non mi hanno catturata, ma piuttosto mi hanno allontanata dalla storia, spingendo la mia mente a distrarsi ripetutamente; inoltre. ho trovato che la narrazione a tratti fosse confusionaria. So che quest'ultimo per molti non si può considerare un vero e proprio difetto, quanto piuttosto un espediente letterario -considerando il fatto che il narratore ci informa più volte della sua difficoltà di ricordare in modo cronologicamente lineare gli eventi- ma unito ai due punti che ho citato prima, questa tecnica letteraria, ha contribuito a rendermi difficile la lettura. 

Più volte ho seriamente pensato che sarebbe stato meglio abbandonare il miglio verde, per poi riprenderlo in un momento più adatto -sono fermamente convinta, infatti, che con i libri il tempismo sia tutto- ma ho stretto i denti, e dopo le prime 100/150 pagine la storia ha cominciato ad ingranare. Credo siano state perlopiù la convinzione che Stephen King sia un grande autore e il mio amore nei confronti del film a farmi resistere; ma questi due elementi non sono sicuramente stati i soli a spingermi a continuare la lettura. Nonostante le pecche che ho trovato nella prima parte del libro non siano state poche, infatti, non ho potuto non considerare gli elementi positivi: la scrittura esperta, lo studio approfondito della psicologia dei personaggi, la descrizione chiara e precisa dell'ambiente. 

Inoltre, sebbene la prima parte sia piuttosto lenta e confusionaria, non posso dire lo stesso della seconda, in cui, non solo, gli eventi cominciano ad acquisire un ordine preciso e lineare, ma i colpi di scena si susseguono ad un ritmo incalzante che fa rimanere il lettore con il naso appiccicato alle pagine un po' ingiallite -ma questo riguarda solo la mia vecchia copia- del libro. In più, le due sfere temporali che si alternano e che narrano le vicende dal punto di vista -prima- del giovane Paul, dipendente del penitenziario -poi- del nostro protagonista ormai anziano, rendono la lettura ancora più interessante e invogliano con sempre maggior urgenza a scoprire i tanti segreti che sembrano avvolgere il personaggio. Segreti che ci verranno svelati a piccole dosi, fino all'ultima pagina del romanzo.

La cosa che più mi è piaciuta del libro è stato il fatto che grazie all'abilità di Stephen King, è stato inevitabile affezionarsi anche a personaggi che sappiamo fin dall'inizio aver commesso azioni disgustose.

Valutazione finale: 

2 commenti:

  1. Bella recensione :D come hai visto sul mio blog, la pensiamo un po' nello stesso modo a riguardo. Io dopo aver letto "Il miglio verde" mi sono innamorata sempre di più di King *-* per me è un genio!!
    P.S. Sono diventata follower ;)

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    1. Si io lo adoro e credo davvero che sia geniale. Hai mai letto IT? Secondo me è il suo capolavoro.

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